Torna alla
Rassegna stampa
2007-01-06
I CENTO ANNI DALLA NASCITA DEL CRITICO D’ARTE
Libri, convegni e una mostra a Siena
Le passioni di Brandi
di Simona Maggiorelli
in «Europa», 6 gennaio 2007, p. 8
Scrittore finissimo, intellettuale e critico d’arte non accettò di
rimanere rinchiuso in biblioteca o nelle gallerie d’arte. L’impegno civile
andava di pari passo
Qualche volta i centenari offrono lo spunto per un ricordo non rituale di
una figura di artista o di studioso. È il caso di Cesare Brandi (1906 –
1988), di cui fra giornate di studio e concreto impegno per il rilancio
dell’Istituto centrale per il restauro, si sono appena concluse le
celebrazioni per i cent’anni dalla sua nascita. Fine scrittore,
intellettuale e critico d’arte, Brandi, dopo la laurea in legge e poi in
lettere fece un’intensissima attività di studio e di ricerca. Ma non
accettò di rimanere rinchiuso in biblioteca o nelle gallerie d’arte.
L’impegno civile andava di pari passo. Considerando il patrimonio
artistico e la sua tutela un elemento identitario forte, importante, per
la cultura italiana. Un impegno che nel ’38 a Roma lo portò, con il più
giovane Giulio Carlo Argan, a mettere in piedi il progetto dell’Istituto
centrale del restauro, che Brandi diresse poi fino al 1959. Un’avventura
che viene messa a dura prova dalle vicende del conflitto mondiale che, dopo
il 25 aprile, pose all’Istituto il difficile compito di gestire il
recupero dei beni culturali in una Italia devastata, piena di lutti.
C’erano poche risorse e un estremo bisogno di interventi immediati.
Ma proprio in questo durissimo contesto, Brandi mette a punto le sue
teorie sul restauro: l’attenzione all’opera d’arte, per lo storico
dell’arte senese non può non tenere conto della storicità dell’opera e,
insieme, della sua valenza estetica.
Una elaborazione e un lavoro concreto nell’ambito del restauro che lo
porteranno a viaggiare molto. Tra missioni per l’Unesco e iniziative
dell’Istituto centrale per il restauro che lo porteranno a progettare la
ricostruzione della chiesa di Santa Sofia in Ochrida, a Gerusalemme e poi a
lavorare al restauro dei mosaici della Moschea di Omar e in Egitto nel
1958 per le pitture rupestri di Abu Hoda e la tomba di Nefertari a Luksor.
Senza dimenticare i lavori “in casa”: Brandi guidò il restauro di alcune
opere chiave da Duccio a Giotto, da Leonardo a Caravaggio. Intercalando
questi impegni con quelli all’estero, dal restauro del portale bronzeo
della chiesa di Santa Sofia a Istanbul agli antichi affreschi cretesi.
Interventi portati avanti con tecniche e metodologie che ancora oggi sono
un punto di riferimento dei restauratori.
«I metodi da lui seguiti nel restauro del Camposanto Monumentale di Pisa,
della Cappella Mazzatosta a Viterbo e della Cappella Ovetari di Andrea
Mantegna a Padova sono stati gli stessi poi adottati, cinquant’anni dopo,
sugli affreschi della volta della Basilica di San Francesco ad Assisi,
polverizzati dal terremoto del 1997», ricorda Caterina Bon Valsassina,
autrice del volume Restauro made in Italy, appena pubblicato da
Electa e presentato un convegno a Torino dedicato a Il restauro del
‘900 in Italia, con Salvator Settis e Cristina Acidini Luchinat, oltre
alla stessa Bon Valsassina.
A lei il compito di ricostruire il percorso e la figura di Brandi, teorico
del restauro, saggista, scrittore. Alla figura di Brandi collezionista,
invece, è dedicata fino al prossimo 11 marzo una splendida mostra a Siena,
nei monumentali spazi di Santa Maria della Scala, dal titolo La
passione e l’arte (catalogo Umberto Allemandi). In cui si squadernano
gli amori di una vita di Brandi: dagli acquarelli di Cézanne, alle nature
morte di Monet e Morandi, alle composizioni metafisiche di De Chirico, fino
alle arse e drammatiche composizioni di Burri, alle sculture vitruviane di
Ceroli, e alle possenti steli di Mattiacci e alle opere degli altri
contemporanei che Brandi contribuì a scoprire e, per primo, a studiare.
Ma non solo. Ai quadri e alle sculture della collezione Brandi, in un
percorso che raccoglie in Palazzo Squarcialupi più di trecento opere, le
curatrici Anna Maria Guiducci e Lucia Fornari Scianchi hanno aggiunto
quelle della collezione del musicologo emiliano Luigi Magnani; collezione,
conservata a Mamiano di Traversetolo, che Magnani, nella lunga amicizia
che lo legava a Brandi contribuì a costruire con i suoi consigli e le sue
aperture internazionali.
Spostandosi poi dal centro di Siena, andando a conquistare quella vista
della “città turrita” che si gode da Villa Brandi a Vignano si può entrare
più intimamente nel mondo di Brandi. Questa villa cinquecentesca
attribuita a Baldassarre Peruzzi fu la casa dell’infanzia dello storico
dell’arte senese, ma poi, negli anni, anche lo studio-rifugio, dove – ogni
volta che gli impegni romani e stranieri glielo consentivano – Brandi
veniva a riposarsi, a studiare, a incontrare gli amici. All’interno ci
sono ancora tutti i suoi libri e altre opere della sua collezione privata,
come i grandi Burri esposti nell’atrio e i Leoncillo. Fuori le sculture di
Ceroli, Burri, Mastroianni e il grande cancello forgiato da Mattiacci.
Tutto ancora come Cesare Brandi lo aveva lasciato, battendosi, anche
quando era ammalato, perché diventasse parte del patrimonio pubblico.