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Rassegna stampa
2007-04-05
I gioielli del Duomo di Milano e le emozioni di Bergamo Alta tra le
pagine di «Terre d’Italia» del raffinato critico, ancora in libreria dopo
15 anni
In viaggio con Brandi anche le nuvole diventano tesori
d'arte
di Fulvio Panzeri
in «La Provincia di Como», 5 aprile 2007, p. 40
Cesare Brandi è stato uno dei grandi critici italiani della storia
dell’arte, ma come i grandi critici ha saputo trasformare i suoi saggi in
vera scrittura d’autore, soprattutto quando approccia l’arte nell’ottica
del viaggiatore.
Così i suoi resoconti di viaggio risultano schizzi, per indimenticabili
istantanee, che ci raccontano il fascino e la grandezza dei luoghi.
Memorabili risultano i suoi libri che raccontano le scoperte effettuate
nelle peregrinazioni tra Grecia e Egitto o nelle città del deserto, che
sono ormai, diventati dei “capisaldi” per quanto riguarda il genere della
scrittura di viaggio in Italia, anche se introvabili, come succede spesso
alle “grandi scritture”, non ancora entrate nel “canone” della nostra
limitata storia letteraria. Così lo ricordava l’amico Carlo Giulio Argan:
«Giungendo in un paese - in qualsiasi paese, in qualsiasi luogo - era
immediatamente catturato dall’ambiente, dal colore delle case, dalla luce,
dal muoversi delle nuvole, dall’andirivieni della gente, e poi
naturalmente dalle opere d’arte. Non solo. Ma anche dalla cucina, perché
era un buongustaio». Sul suo carattere aggiungeva: «E’ stato il
viaggiatore più instancabile, più sensibile, più estroso, più partecipe di
quello che vedeva, rispetto a qualunque altro io abbia conosciuto».
Qualità che ritroviamo in Terre d’Italia (pag. 642, euro 12), edito
nel 1991 e da poco ripubblicato, a cura di Vittorio Sgarbi, nei Tascabili
Bompiani, in occasione del centenario della nascita dell’autore, ricordato
lo scorso anno. Raccoglie brevi saggi su cittadine e monumenti italiani
visitati nel corso del tempo, con la particolarità di guardare i luoghi
attraverso l’architettura, la possibilità di costruire un’armonia di
luoghi, con la capacità di mostrare, attraverso la scrittura, studi e
indagini, ma anche una passione descrittiva, tutta derivata dal sentire
personale. Si parte dall’Aosta romana per passare al paesino di Bard, per
dirigersi poi a Casale Monferrato e a Novi Ligure e per toccare città e
cittadine del nord, del centro e del sud, fino ai ritratti artistici di
Pantelleria e di Alghero.
In Lombardia si sofferma poco, anche se le pagine che regala alla nostra
regione. sono ammirevoli. Alcune sono dedicate al Duomo di Milano: «Forse
non esiste a Milano opera più preziosa e discussa dell’imponente
candelabro a sette braccia detto L’Albero Trivulzio, che sta in
Duomo nel transetto sinistro». Ne racconta la storia e così lo descrive:
«Il candelabro è maestoso, e anche se completato della sua parte arborea
nel Cinquecento, mantiene un’unità regale». Altre invece riguardano il
Bramante architetto e la Chiesa di San Simpliciano. Da antologia è invece
la descrizione di Bergamo Alta: «Stare a Bergamo alta è come trovarsi in
quelle città miniaturizzate che tengono in mano i santi protettori come un
bel vassoio, e di qua e di là c’è il vuoto. Così intorno a Bergamo alta
c’è un anello di vuoto, che è aria, cielo, e magari nuvole, vento: questo
dà a tutta la città asserragliata nelle sue chiese e nei suoi palazzi, una
leggerezza, una luce. uno spazio rarefatto». Bisognerebbe anche ascoltare
il suo consiglio, quello di non credere di aver esaurito la scoperta della
città, con una sola visita: «Bisogna scoprirsela passo passo, come passo
passo, andare a vedersi, di chiesa in chiesa, gli stupendi Lotto, questo
pittore che appare sempre più grande, più geniale, più inatteso. Né forse
c’è itinerario al mondo più gradito di questo, che poi porta, fuori di
Bergamo, ma a due passi da Bergamo, come stazione finale, a Trescore, dove
gli affreschi straordinari si rivelano uno degli apici dell’arte
italiana». Rischiava Brandi nei suoi giudizi, quando Lorenzo Lotto ancora
non era quel pittore così riconosciuto tra i geni della nostra arte. Ora
dopo importanti mostre lo si è rivalutato, dando ragione al
critico-viaggiatore.