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Rassegna stampa
2007-04-19
CONVEGNO A NAPOLI
Quando Brandi mise i confini alla modernità
di Benedetto Gravagnuolo
in «Il Mattino», 19 aprile 2007, p. 25
«Il vero, il solo modo che ha la nostra epoca di prendere coscienza di se
stessa, è di definirsi rispetto al passato: solo così possiederà il
futuro». Quest’aforisma, che conclude il celebre dialogo Eliante o
dell'Architettura (1956), resta a tutt’oggi un passaggio obbligato per
valutare la critica radicale di Cesare Brandi alla nozione stessa di
modernità. La validità di una teoria non si misura con le lancette
dell'orologio. Faremmo dunque un torto alla passione intellettuale del
grande studioso se indulgessimo nell’agiografia, per segnare una distanza
del suo pensiero dal presente. Per ridiscutere criticamente sul lascito
dei sui inossidabili teoremi - domani pomeriggio alle 16 nella suggestiva
cornice della Biblioteca Nazionale di Napoli - si terrà una tavola rotonda
sul tema «Cesare Brandi e l’Architettura», alla quale parteciperanno
Stefano De Caro, Giovanni Carbonara, Paolo D’Angelo, Andrea Bruno e chi
scrive. Non è irrilevante notare che tale iniziativa sia stata promossa
dalla Fondazione «Bruno Zevi», in collaborazione con il Ministero per i
Beni culturali e varie altre associazioni. Nonostante le irriducibili
divergenze di giudizio sul «Movimento Moderno», Cesare Brandi ha intessuto
legami di profonda stima e amicizia con Giulio Carlo Argan e Bruno Zevi.
Tant’è che furono proprio questi due straordinari maestri di pensiero,
caldeggiatori entusiastici il primo dell’architettura razionale e l’altro
della poetica organica, a ispirare i personaggi «immaginari» nel già
citato (e raffinatissimo) dialogo à la Paul Valery sull’architettura.
Certo, l’apporto di Cesare Brandi all’architettura non è riducibile alla
dialettica (benché ancora attualissima) di Eliante. Fondatore nel
1939 dell’Istituto centrale del restauro, che ha diretto fino al 1960, il
critico e storico dell’arte (nato a Siena nel 1906, spentosi nel 1988) ha
offerto contributi saggistici di alta caratura, spaziando dal cielo delle
riflessioni estetiche e filosofiche alla materia dei manufatti artistici,
meticolosamente analizzata con la lente d’ingrandimento della sua
competenza scientifica. Ineludibili restano le due summe dedicate
rispettivamente alla Teoria del Restauro (1963) e sulla Teoria
generale della critica (1974), così come di indubbio valore appaiano
ancora le acute riflessioni su Segno e Immagine (1960),
Struttura e Architettura (1968) e La prima Architettura Barocca
(1970). Ciò nonostante sono soprattutto i quattro dialoghi sulle Arti,
raccolti sotto il nome di Elicona, che continuano ad esercitare un
irresistibile fascino magnetico. Il che deriva non solo dalla forma
letteraria prescelta, che rievoca la ricerca socratica della verità
attraverso il confronto tra pensieri diversi, ma anche (e forse
soprattutto) dalla sistematicità della trattazione che mette in relazione
l’architettura con le altre arti, sia visive che poetiche. Com’è noto ,
Benedetto Croce commentò positivamente l’esordio critico di Cesare Brandi
nel Carmine o della Pittura (1945), raccomandando questo dialogo
«agli studiosi della teoria dell’arte così per le cose giuste e calzanti
che dice, come per lo spirito che lo anima». L’elogio del grande filosofo
non deve tuttavia indurre all’equivoco di convogliare il discorso
brandiano nell’alveo dell’ortodossia crociana. L’Estetica di
Benedetto Croce ha rappresentato indubbiamente un paradigma referenziale
nella formazione del più giovane storico dell’arte, paradigma peraltro mai
rinnegato. Il sistema teoretico di Brandi ha tuttavia attinto anche ad
altre fonti filosofiche, rivisitando i principi della Critica del
giudizio di Kant alla luce dei nuovi apporti di Husserl, Heidegger,
Sartre e di altri autori ancora poco noti nell’Italia dell'immediato
dopoguerra. Dalla lettura intrecciata dei testi di questa costellazione di
filosofi, scaturì l’originale tesi di Cesare Brandi sulla «fenomenologia
della creazione artistica», già introdotta nel Carmine, ma poi rielaborata
nella dicotomia tra «astanza» e «semiosi».