ASSOCIAZIONE AMICI DI CESARE BRANDI

 

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2008-04-08

 

Si concludono in Vaticano le celebrazioni per il centenario della nascita di Cesare Brandi

Un idealista pragmatico che ha fatto scuola

 

di Antonio Paolucci

in «L'Osservatore Romano», 8 aprile 2008, p. 5

 

 

Martedì 8 aprile, presso i Musei Vaticani, si svolge la sessione conclusiva delle celebrazioni per il centenario della nascita di Cesare Brandi (1906-1988). L’incontro sarà presieduto dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, Anticipiamo l’intervento del direttore dei Musei Vaticani.

 

 

C’è un libro del Novecento che è stato tradotto nelle principali lingue del mondo. Non solo in inglese, in francese e in spagnolo, ma anche in cinese e in giapponese, in polacco, in portoghese, in greco, in rumeno, in ungherese. Si tratta della Teoria del Restauro di Cesare Brandi uscito nel 1963. Se oggi l’italiano è lingua franca nei principali laboratori di conservazione, dal Getty di Los Angeles a Xian in Cina, se quel libro resta il manuale base nelle università e nelle scuole di restauro, da Tokio a Varsavia, il merito è di Cesare Brandi, il grande storico dell’arte che è stato direttore dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma. (Icr) per venti anni fino dal momento della sua fondazione, voluta dal ministro Bottai e da Argan, nel 1941, in piena guerra.

Il ministero italiano dei Beni Culturali ha voluto onorare il centenario della nascita di Cesare Brandi (1906) con l’istituzione di un comitato di cui chi scrive è presidente, e con una serie di iniziative nazionali e internazionali. A Berlino, a Roma, a San Paolo del Brasile, a Parigi, a Valencia, a Budapest come a Siena, a Bologna, a Palermo, a Città di Castello, si è parlato in convegni specialistici e in occasione di nuove edizioni in lingua della Teoria, di Cesare Brandi maestro del restauro, studioso di arte antica e moderna, strenuo difensore del patrimonio in tutte le sue forme.

Le celebrazioni del centenario aperte a Roma, all’Accademia dei Lincei, l’anno scorso, si chiudono l’8 aprile in Vaticano, con un convegno internazionale presieduto dal cardinale Giovanni Lajolo.

Perché in Vaticano? Perché i restauratori dei nostri musei hanno appreso dalla Teoria di Brandi il metodo e la scienza, perché i grandi interventi succedutisi negli ultimi decenni (la Sistina, le Stanze di Raffaello) avevano dietro la sua filosofia e la sua alta vigilanza, perché durante l’emergenza del 1943-1944 le preziose attrezzature dell’Icr si salvarono dalla rapina e dalla distruzione in quanto ricoverate all’interno delle mura leonine. Non sarà mai abbastanza sottolineato il ruolo prezioso svolto all’epoca dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Gasparri. Fu per sua coraggiosa e lungimirante decisione se i capolavori dei musei e delle chiese d’Itali raccolti in vari depositi del Lazio e delle Marche, furono ricoverati in Vaticano insieme alle attrezzature dell’Istituto Centrale del Restauro. Questo permise di provvedere subito, immediatamente dopo la liberazione, alle operazioni più urgenti di salvaguardia e di messa in sicurezza del patrimonio artistico danneggiato dalla guerra.

Quando nel 1972. un pazzo sfregiò la Pietà di Michelangelo in San Pietro, Cesare Brandi vigilò sul restauro di quel capolavoro sublime con dedizione totale, con una specie di passione amorosa. Disposto anche a rettificare in quella occasione, uno dei punti fondanti della sua Teoria. Come è noto, la ricomposizione delle lesioni nel volto della Vergine richiese la messa in opera di piccole protesi tratte dal calco in gesso. Tale operazione di raffinata microchirurgia specialistica è invisibile a occhio nudo. «Questo — scrisse Brandi — non è nelle buone regole del restauro e tuttavia il fatto di poter restituire il levigato e lunare pallore di quella testa inobliabile ha un peso che non si può trascurare». Ecco un meraviglioso esempio di «idealismo pragmatico», l’ossimoro che ha ispirato la teoria di Brandi. Da una parte la percezione del restauro come «atto critico», dall’altra la flessibile «opportunistica» e coltissima attenzione alla vita e alla storia dell’opera d’arte nella sua realtà materica, nella sua vicenda temporale, nelle sue relazioni con il contesto. Il «lunare pallore» del volto della Vergine, quel marmo che «trasfigura in luce rappresa, come sorgendo dall’alone di un tramonto» fanno l’individualità di quella specifica opera d’arte e a quella deve piegarsi la teoria. Come il sabato è per l’uomo e non viceversa, così il metodo e la scienza sono al servizio dell’opera d’arte che è e deve rimanere domina incontrastata. Così ragionava Cesare Brandi e per questo insegnamento tutti noi gli dobbiamo gratitudine.

 

 

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Pagina creata il 30-04-2008 | Aggiornata il 20-06-2008