ASSOCIAZIONE AMICI DI CESARE BRANDI

 

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2006-06-16

 

Brandi e il Belpaese sparito
 

di Ettore Gentili

in «Secolo d'Italia», 16 giugno 2006, p. 11

 

Il recente convegno, promosso dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e dall'istituto Centrale del Restauro, organizzato dalla dott. ssa Sandra Fiore per celebrare i cento anni dalla nascita di Cesare Brandi ha ricondotto il dibattito artistico italiano a quel fatidico 4 novembre 1966, quando l'Arno straripando a Firenze, devastò chiese, palazzi e musei ricchi di capolavori inestimabili. Quella tragica alluvione segnò anche l'inizio della moderna scienza del restauro, che proprio grazie all'opera di Cesare Brandi perse quell'aura di romantica interpretazione per diventare una specializzazione scientifica, dove si compenetrano molte discipline: dalla diagnostica chimica alla ricerca archivistica e documentale. Oggi il nostro Paese è diventato forse il più avanzato laboratorio di restauro di opere d'arte del mondo, anche in virtù della fitta presenza monumentale del territorio italiano e dopo aver agito soprattutto in difesa adesso si sta provando a trasformare questo primato scientifico in un prodotto da esportazione. Negli ultimi anni i tecnici italiani si sono dedicati alla conservazione dei monumenti in ogni parte del globo: dalla città proibita di Pechino all'Iraq sconvolto dalla guerra di Saddam Ussein, fino alle chiese romaniche e agli scavi archeologici di Cipro. Questo convegno su Cesare Brandi, tenutosi all'Università di Roma La Sapienza, oltre ad onorare la memoria storica di personaggi e fatti importanti della recente storia nazionale, ha avuto anche il pregio non secondario di costringere ricercatori universitari, sovrintendenti ai monumenti e pubblici amministratori a confrontare l'eredità culturale del nostro maggior esperto di tutela e restauro dei monumenti antichi con l'attuale situazione delle nostre città e del paesaggio italiano. Nei quasi vent'anni che sono passati dalla morte di Brandi, avvenuta nel 1988, il territorio nazionale ha infatti subito una trasformazione profonda, (che va ben oltre l'immagine super protetta di alcuni scorci da cartolina), in cui la stragrande parte del tessuto edilizio e della campagna coltivata ha perduto quelle caratteristiche di bellezza che avevano fatto considerare l'Italia come il più bel luogo d'Europa. In sostanza nell'Italia d'oggi sono venute a mancare quelle caratteristiche di bellezza intrinseca del paesaggio che si basavano sul naturale rispetto dei rapporti di scala, sull'identificazione rigorosa tra forma e significato, sulla consapevole consonanza delle nuove costruzioni al contesto preesistente. Le attuali classi dirigenti sembrano contente e fiere di un'architettura che nel migliore dei casi oscilla tra l'urlo e la provocazione dei cosiddetti creativi e l'indifferenza che spesso conduce allo sfregio dell'arte, compiuto dai tanti praticoni esclusivamente votati al profitto come indiscutibile religione del nostro tempo. Che cosa direbbe oggi il Professor Cesare Brandi vedendo i nuovi “monumenti di Roma”: l'Auditorium di Renzo Piano, la teca dell'Ara Pacis di Richard Meier, il sottopasso automobilistico di non si sa chi davanti a San Pietro, la distruzione delle balaustre ottocentesche di Ponte Sisto? Ma, soprattutto, che cosa penserebbe un rigoroso studioso che come lui ha dedicato l'intera vita alla conservazione e al restauro dei monumenti, vedendo il centro storico di Roma completamente impacchettato da quelle pubblicità gigantesche e volgari che praticamente annullano tutti i complessi rimandi utilizzati dalle facciate barocche per formare gli spazi organici e avvolgenti delle piazze della Roma sei-settecentesca? Come potrebbe accettare che i Mercati di Traiano siano stati chiusi con delle vetrate di plexiglas e climatizzati trasformandoli in uno spazio per mostre spettacolo “a norma di Legge”?

 

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Pagina creata il 11-02-2007 | Aggiornata il 11-02-2007