ASSOCIAZIONE AMICI DI CESARE BRANDI

 

NEWS  >>   RASSEGNA STAMPA  2006-06-17

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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2006-06-17

 

Intervista al figlio Vittorio mentre Siena

ricorda lo storico dell’arte con un convegno

 

«Mio padre, l'amicizia di Argan e l'ostilità di Zeri».

 

(Intervista a Vittorio Rubiu) di Doriano Fasoli

in «Il Messaggero», 17 giugno 2006, p. 21.

 

Teorico dell'arte, critico, scienziato sperimentatore e organizzatore delle più avanzate tecniche e scuole del restauro, archeologo, memorialista, Cesare Brandi nacque a Siena l'8 aprile 1906 e vi morì, nella sua villa di Vignano, il 19 gennaio del 1988. Le iniziative per il centenario della sua nascita sono tante: «A Siena, a Roma, a Procida, in Sicilia (Palermo, Noto, Bagheria), a Città di Castello», spiega Vittorio Rubiu Brandi, figlio adottivo e curatore dell'eredità letteraria dello storico, al quale la sua città natale dedica oggi un convegno con interventi di Antonio Paolucci, Cesare Segre, Maria Luisa Spaziani e Andrea Emiliani. «Ci vorrebbe troppo tempo per citarle nel dettaglio. Ricorderò solo di quelle che mi stanno più a cuore, perché le ho seguite personalmente, e riguardano la raccolta di un primo volume di scritti sull'arte antica (che verrà pubblicato da Jaca Book, a cura di Maria Andaloro), la ristampa di Terre d'Italia (per i Tascabili Bompiani) e delle Poesie, impreziosite da alcune inedite: e qui devo dire grazie a Giuseppe Appella, che ha avuto l'idea di ripubblicarle per le Edizioni della Cometa».

 

In quale opera Brandi espresse più compiutamente le sue idee riguardo al modo di intendere l'arte?

 

«La Teoria generale della critica (del 1974), certamente, che è anche una summa della sua opera. Ma prima, anche per la qualità letteraria della scrittura, vorrei ricordare i Dialoghi che stanno alla base della sua teoria e metodologia delle arti. Non a caso un luminare della critica come Gianfranco Contini, ebbe a dire che l'opera di Brandi ha rappresentato il contributo più importante dopo l'Estetica di Croce».

 

Brandi non era incline a sentire tutta la portata dell'avanguardia, ma restò poi sedotto dalla pittura di Burri... Cosa lo spinse a riprendere in considerazione negli anni '60 molti grandi artisti d'avanguardia, dapprima visti con sospetto?

 

«Non c'è dubbio (lo notò anche Pietro Citati, già nel 1957) che il nucleo della problematica estetica di Brandi, imperniato sulla giustapposizione dialettica dei due momenti critici della "costituzione d'oggetto" e della "formulazione d'immagine" si sia formato attorno all'esperienza figurativa di Morandi e del cubismo. Ed è ancora in virtù di questa dialettica che Brandi venti anni dopo ha saputo interpretare nei suoi giusti termini una pittura come quella di Burri così audacemente in bilico tra materia e forma, arte e vita».

 

Due amici inseparabili. Brandi e Argan, compagni di strada e di lotte. Che cosa dunque li accomunava, in un rapporto così fraterno?

 

«Fu Argan ad avere l'idea di un Istituto Centrale del Restauro e a far chiamare Brandi a dirigerlo. E fu ancora Argan a volere che Brandi gli subentrasse nella cattedra di Storia dell'Arte medievale e moderna, prima a Palermo, e poi, dal 1967 a Roma (con uno sdoppiamento della cattedra). L'amicizia tra Brandi ed Argan non conobbe mai ombra, fondata com'era sulla stima innanzitutto, oltre che per una consuetudine di affettuosi rapporti, che durava dal lontano 1933».

 

Fu una certa diffidenza ideologica verso il mercato e l'industria culturale, che ha provocato una certa "sfortuna" mediatica di Brandi negli ultimi anni di vita?

 

«Non saprei dire. A nuocergli, ma solo negli ultimissimi anni, fu soprattutto l'ostilità di un personaggio influente (e per molti aspetti nefasto) come Federico Zeri, che stroncò il Disegno della pittura italiana e l'accomunò nel suo odio a Giulio Carlo Argan».

 

Un contraltare delle costruzioni tecniche di Brandi sono i libri di viaggio: si conta di ristamparne qualcuno prossimamente?

 

«Tutti i suoi libri di viaggio, dal primo Viaggio nella Grecia antica (del 1954), all'ultimo Diario cinese (del 1982) sono stati ristampati dagli Editori Riuniti, una prima volta nel 1990-1993, e una seconda volta nel 2001-2004. L'ultima ristampa riguarda, come ho già ricordato, Terre d'Italia, e uscirà nell'aprile di quest'anno per i Tascabili Bompiani. Per me è un motivo dì grande soddisfazione, perché mi conferma nella convinzione che Brandi sia, oltre che eminente critico e teorico dell'arte, grande scrittore».

 

Il filosofo Emilio Garroni definì Brandi un maestro non socratico, "sempre stato agli antipodi di ogni estetismo". E aggiunse: e la sua non è neppure una specie di estetica ad hoc". È d'accordo?

 

«Sul presunto estetismo di Brandi sono d'accordo con Garroni. Ma per quanto riguarda una specie di estetica ad hoc, Brandi l'ha scritta, ed è la Teoria del restauro, tradotta in tutto il mondo. E qui vorrei ringraziare pubblicamente Giuseppe Basile, uno dei primi allievi di Brandi, che tanto ha fatto e fa per la migliore conoscenza della Teoria».

 

Come figlio adottivo, lei che ricordo conserva di Brandi?

 

«Potrei dire tante cose. Ma ne dirò solo una, con forza, e che tutte le riassume: mi ha insegnato a vivere».

 

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Pagina creata il 25-07-2006 | Aggiornata il 21-12-2006