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Rassegna stampa
2007-03-00
Speciale "Brandi cento anni dopo"
pubblicato in «Il Giornale del Restauro» - Rapporto annuale de «Il
Giornale dell’Arte / dell’Architettura», marzo 2007, pp. 12-13.
Ancora valido
Giuseppe Basile fa un consuntivo delle celebrazioni del centenario
della nascita del teorico del restauro più influente del Novecento
È passato circa un anno dalle prime manifestazioni per il centenario della
nascita di Cesare Brandi e, anche se altre ne sono previste e programmate
per l’anno in corso (cfr. box destra), è possibile fare un primo
consuntivo.
Da un punto di vista meramente quantitativo la situazione è la seguente:
sono state effettuate una quarantina di manifestazioni culturali di varia
tipologia (dalla pura e semplice conferenza alla giornata di studio, al
seminario, alla presentazione di novità editoriali, alla mostra),
toccando, talora più di una volta, 26 città, di cui otto in Europa
(Lisbona, Budapest, Copenaghen, Varsavia, Valencia, Sevilla, Berlino,
Helsinki) e sei nel resto del mondo (Tokyo, Kyoto, New York, San
Francisco, Sao Paolo, Buenos Aires), sono state riedite quattro opere (Il
restauro. Teoria e pratica, Aria di Siena, Terre d’Italia, Scritti
sull’arte antica. I: Medioevo e primo Rinascimento, da Giotto a Jacopo
della Quercia) più l’anastatica della prima annata (1950) del
Bollettino dell’Istituto Centrale del Restauro, pubblicate cinque
edizioni in lingua straniera della Teoria del restauro (giapponese,
portoghese, cinese, tedesca, polacca), i carteggi con Luigi Magnani e
Renato Guttuso, gli atti del Convegno La teoria del restauro nel ’900:
da Riegl a Brandi, la monografia di Paolo D’Angelo Cesare Brandi,
critica d’arte e filosofia, la mostra e il catalogo La passione e
l’arte. Cesare Brandi e Luigi Magnani collezionisti.
Ma il consuntivo più significativo è, ovviamente, quello qualitativo, cioè
l’opportunità, offerta dal centenario, di valutare la rispondenza tra
teoria e pratica nella realizzazione degli interventi di conservazione e
restauro su monumenti e opere d’arte, ma anche (soprattutto all’estero) la
consistenza e i modi della diffusione del pensiero di Brandi.
Anzitutto una costante di fondo, in Italia come all’estero: la convinzione
che la teoria e la conseguente pratica del restauro come messa a punto da
Brandi nei 20 anni di direzione dell’Istituto Centrale del Restauro (ICR)
sono ancora pienamente valide, anche per quegli aspetti che sono stati
generalmente individuati come i più problematici. Voglio dire il restauro
architettonico, il restauro archeologico, il restauro delle cosiddette
arti minori (o applicate, o industriali) e perfino il restauro dell’arte
contemporanea, purché costituita di materia, cioè purché
fisicamente consistente.
Ciò è venuto fuori un po’ dovunque e soprattutto nelle iniziative a
soggetto monotematico (per esempio, sul restauro architettonico a
Siracusa, sul restauro del contemporaneo alla GNAM e a Città di Castello)
e in quelle dichiaratamente «dialettiche», quale in particolare la prima
delle due giornate dedicate dall’ICR al suo fondatore e al 65°
anniversario dell’inizio della propria attività, nel corso della quale
specialisti di diversa collocazione si sono confrontati su alcuni dei più
tipici temi brandiani. Quanto all’estero è estremamente significativo che
l’aspetto che più viene apprezzato della teoria e della pratica brandiana
sia proprio quello teorico-metodologico, di cui più pesantemente viene
avvertita la mancanza in paesi tradizionalmente legati a concetti e prassi
quali il ripristino o la «ricreazione» o, forse peggio, succubi di nuovi
miti quali la scienza e la tecnologia acriticamente intese. Significativo
perché anche nel nostro paese si sta assistendo ad una corsa
all’adeguamento a modelli ritenuti più avanzati da parte di giovani e meno
giovani adepti che fanno una grande confusione tra restauro e
conservazione, tra restauro preventivo e mera prevenzione, tra scienza
della conservazione e diagnostica artistica (non certo i veri scienziati,
come si è avuto modo di constatare nella giornata dedicata a Brandi dalla
Presidenza del CNR).
Del resto, analoga sconsolata considerazione tocca fare quando si è
costretti a constatare come in Italia si faccia di tutto per buttare a
mare un modello di formazione professionale del restauratore, quello
brandiano e ICR, basato sulla interdipendenza tra insegnamenti
teorico-metodologici (storici e scientifici) e attività manuale che invece
costituisce ancora oggi il modello verso il quale si indirizzano le
iniziative formative che sempre più numerose vanno sorgendo all’estero;
non a caso l’ICR di Brandi è stato annoverato da Domenico De Masi (L’emozione
e la regola) tra i 13 «gruppi creativi» europei operanti tra metà ’800
e metà ’900.
Giuseppe Basile
Istituto Centrale del Restauro
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